Seen and not heard: Symbolic uses of notation in the early ars nova period

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Abstract

È risaputo che il primo Trecento vide significative innovazioni nell’aspetto grafico della notazione musicale. Inserendosi nel recente dibattito circa gli aspetti visivi della musica nell’Ars nova, il presente saggio indaga come e che cosa il testo musicale scritto trasmetta tanto all’occhio quanto all’orecchio. Quale punto di osservazione privilegiato si assume un manoscritto assai conosciuto per la forza espressiva della sua facies grafico-testuale, il codice Fonds français 146 della Bibliothèque Nationale de France, che tramanda il Roman de Fauvel (ca. 1317), un poema satirico ben noto per la varietà dei generi musicali rappresentati. Esso comprende infatti brani in canto piano, conductus, chansons e mottetti, nello stile sia dell’Ars nova sia dell’Ars antiqua; a tale multiformità corrisponde l’impiego di una vasta gamma di linguaggi notazionali. Un attento esame della scrittura musicale induce a credere che la versatilità scrittoria abbia inteso conferire significati letterari e politici più ampi ai messaggi musicali del manoscritto. In che misura la scelta di questo o quel sistema di notazione è stata motivata da intenti pragmatici? E fino a che punto essi concorrono, tacitamente, a comunicare significati simbolici? Il saggio propone alcune risposte a questi interrogativi.
Original languageEnglish
Pages (from-to)5-27
JournalIl Saggiatore musicale
Volume23
Issue number1
Early online date22 Dec 2016
Publication statusPublished - 22 Dec 2016

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